Brescia 2007
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Brescia, 29 settembre 2007
Ecco, ci siamo. Mi sveglio di buon mattino con il ticchettio della pioggia che batte sul tetto di casa, dopo una notte un po’ agitata a causa di qualche fantasma che mi dice: “Incontrerai molta gente che conosci, ti vedrà il tuo capo mentre calpesti un vetroooo……” e giù con stridore di denti e di catene. Albeggia e come si sa i fantasmi non amano molto la luce: se ne vanno malvolentieri, lasciandomi con un sorriso sulle labbra; ma che vado a pensare? La mia città! Avrei mai pensato di calpestarne il centro a piedi nudi? Il mattino non trascorre, vola! L’incontro avviene intorno alle ore 16:00; ci sono Ares, Stefano, Paolo F., Guidoscalzo (che si chiama Guido e che guida davvero scalzo) ed il barefooter nuovo fiammante Gigor (aaaahhhhyyy aaaaakkkk…… ah, no, quello era Zagor). Sono un po’ nervoso, al punto che mi presento con un paio di infradito; Paolo mi chiede se non mi vergogno ed il corpo del reato scompare velocemente nello zaino. Subito una bella fotografia di gruppo, scattata da mia moglie (scarpata), sotto lo sguardo attonito di una sorridente orientale. E come per incanto mi distendo ed ogni timore scompare. La meta è il centro della città, imbocchiamo Corso Martiri della Libertà fino alla chiesa di Santa Maria dei Miracoli, sorta alla fine del 1400 e decorata con marmo di Botticino (paese ad est di Brescia). Una signora anziana ci si avvicina e ci chiede da dove veniamo; “Da Milano”, tuona Stefano ed il simpatico mattacchione le fa credere di aver percorso il lungo tragitto scalzi; lei se ne va soddisfatta con un “Bravi! Bravi!”……. l’avrà bevuta davvero? Pieghiamo nella Tresenda San Nicola, un vialetto che ci conduce alla bella chiesa romanico-gotica di San Francesco d'Assisi. Traséna o tresenda o trasenda è propriamente una piccola strada sudicia e fetente nell'interno dell'abitato, fra casa e casa, o fra casa e stalla, dove si gettavano, dalle porte e più spesso dalle finestre, le acque luride e le spazzature. Estensivamente, indica anche qualunque strada sporca, un luogo dove si gettavano le immondizie (dal tardo latino transienda = via di transito). La cosa curiosa è che il termine è usato nel dialetto leventinese (Canton Ticino); scopro solo ora che dialetto bresciano, bergamasco e ticinese sono tutti e tre di ceppo gallico-celtico. Entriamo e la visitiamo sotto lo sguardo incuriosito di un frate. Riprendiamo la marcia lungo via Pace (con omonima chiesa) fino alla Pallata, torre duecentesca che, forse, conteneva le casse del comune e poi imbocchiamo corso Goffredo Mameli. Il suolo è piacevolmente fresco, la via affollatissima come sempre; eppure, incredibile a dirsi, passiamo quasi del tutto inosservati. E’ davvero raro vedere qualche viso sconvolto o cogliere qualche borbottio; facciamo sosta davanti al Palazzo della Loggia, nell’omonima piazza, per una salva di foto di gruppo sotto gli sguardi divertiti della gente ed assediati da un poderoso autocarro in manovra carico di terra, che sembrava incombere minaccioso sul povero Ares…… forse qualche industria calzaturiera ha letto il nostro sito ed ha deciso di intervenire…… La piazza è piacevolmente piastrellata, è quasi come camminare sul pavimento di casa; ci spostiamo davanti alla Torre dell’orologio, ai piedi della quale scoppiò la famosa bomba della strage di Piazza della Loggia (28 maggio 1974). Si scende leggermente in Piazza Paolo VI ad ammirare i due Duomi, Vecchio e Nuovo, non visitabili perché in corso la cerimonia di iniziazione dei nuovi diaconi. Si dice scalzo = barbone, povero, ma qui veniamo assediati da due “professioniste” che non ci mollano un momento e che capiscono perfettamente la differenza; hai un bel dire “Non ho nemmeno le scarpe”, ma quello che non sfugge alle due attente questuanti è che ciò che non dovrebbe esserci nella nostra furbastra affermazione è proprio quel “nemmeno”. Ci ripariamo velocemente sul Colle Cidneo, che ospita la Rocca (semplicemente “il Castello”, per noi locali). E’ lui il simbolo della mia città, possente testimone degli avvicendamenti storico-militari subiti dalla Leonessa d’Italia (http://www.agriturismofiordipesco.it/brescia/castello-di-brescia.html). Ci immortaliamo davanti alla Torre dei Prigionieri (delle scarpe?). L’interno è un po’ più impegnativo, per la presenza della ghiaia che accarezza un po’ troppo ruvidamente le nostre suole nude. Scattiamo un’altra fotografia davanti ad un soggetto inatteso per i miei amici scalzi: una bella locomotiva d’epoca, la mitica n°. 1 della linea locale S.N.F.T. (Brescia – Iseo – Edolo), le cui azioni furono vendute nel 1992 alle Ferrovie Nord Milano. Per gli appassionati: dovrebbe essere un modello del gruppo FS 835.(040?). Saliamo ancora un poco, lungo gradini di pietra ed acciottolato; ci godiamo il panorama davanti ad un freddo sole, prossimo, ormai, al declino. Il Castello, da solo, esigerebbe una mattinata intera; arrivederci, dunque. E’ tempo di ridiscendere, anche perché Guidoscalzo ha un inderogabile appuntamento con il suo treno, solo il tempo di scattare una fotografia commemorativa davanti ad un elegante negozio di scarpe, dietro le cui vetrine fa capolino un’attonito gestore. Un attimo di distrazione e di fronte a me si materializzano due ragazzine; una di loro è talmente stupita che, quasi, non riesce nemmeno a parlare: “Ma….. perché……. andate a piedi…… nudi?”. Resto sorpreso e preoccupato temendo un improvviso attacco d’asma; mentre penso ad un soccorso di emergenza, Guido spiega che lo facciamo perché ci piace e per un desiderio di naturale contatto con il suolo. La ragazzina quasi in apnea risponde che “Qui…… non c’è la……Natura”. Mi mordo la lingua per reprimere un’orrenda battutaccia, ma ribatto che anche il suolo cittadino ha un suo messaggio da trasmettere. Come un sol uomo, forse, siamo tutti in procinto di comunicare il sito internet dei Nati Scalzi, ma la ragazzina ci raggela chiedendoci se siamo frequentatori di una moschea. Peccato che qualcuno non abbia scattato in quel momento un’istantanea dei nostri volti…… guardo gli altri e chiedo totalmente basito: “Ecché, c’ho la faccia da moschea?”. Riprendiamo a marciare ridendo. Abbracci e strette di mano e guidoscalzo si invola. Si va a cena. Momenti di panico: ma la macchina dov’è? Non ricordo il numero della sala, mi sento un rincitrullito, ma si vaga senza meta. La storia insegna e rivive: il popolo ha fame, chiede pane (o casoncelli bresciani) ed è scalzo; si leva improvviso un grido di protesta: “Ohé, ci porti a Milano a piedi?”, rafforzato da un terribile “Ha fatto bene la Grimaldi a lamentarsi!”. La vista della ghigliottina aguzza il mio ingegno ed improvvisamente mi si accende una lampadina; si esce all’esterno e si guadagna un piano. Eccola, la preziosa autovettura. Facciamo qualche fotografia alle suole annerite più dall’autorimessa che dall’asfalto cittadino. Consiglio un posticino di cui sono cliente abituale; entriamo con un paio di infradito. Non è luogo da abito particolarmente elegante, altrimenti non sarebbe il mio posto, però nemmeno da piedi totalmente nudi. Mi fermo qui, perché credo sia giusto che il giudizio lo emettano gli amici scalzi. Peccato che orari ferroviari ed un concomitante sciopero di categoria ci abbiano costretti a stringere i tempi e ad effettuare un’ affannosa corsa verso la stazione. Perdonate la mia prolissità, ma non potevo essere troppo ristretto a fronte di un’esperienza per me così cruciale. Ancora un abbraccio ed un caloroso ringraziamento a tutti i simpaticissimi compagni di avventura, con i quali, purtroppo, le ore sembrano minuti. Il benvenuto a Gigor ho preferito darlo di persona; a lui non posso che esprimere tutto il mio stupore e la mia ammirazione per la sua “carriera” lampo. Questa sì è decisione e convinzione! Scrive, si presenta, decide di fare un’escursione scalza con emeriti sconosciuti e si comporta come un vecchio barefooter. Veni, vidi, vici! Alla prossima.
Flavio (Lucignolo)