Cristiana
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Fin da bimba mi sono guadagnata il "titolo" (soprannome), che oggi ancora difendo con onore, di "Contessa Scalza". Come si deduce, ho sempre amato camminare "scalza" per infiniti motivi... ma sicuramente soprattutto per il senso di piacere, di libertà che mi dà, e di reciproco contatto con la terra. All'età di cinque anni e mezzo, prima ancora di iniziare le scuole elementari, leggevo, scrivevo, parlavo e mi comportavo come una piccola "Professoressa". L'aspetto e la nobiltà dell' animo espressa verso tutti i sofferenti, i poveri, gli animali e la natura, fece venire spontaneo a mio padre come ai conoscenti della famiglia, al posto del solito "Principessa" come si dice spesso a piccole, belle e raffinate bambine, usare invece il temine "Contessa" nei miei confronti. Anche le maniere lo rispecchiavano, l'unica cosa che balzava agli occhi evidente, o forse per loro "stonava", era che i miei piedi erano sempre "SCALZI". Quindi dall'insieme di queste cose penso venisse un po' spontaneo chiamarmi "Contessa Scalza". Mi ricordo che pure ci avevo preso gusto a rigirare l'argomento in caso di necessità, con una piccola fantasia-verità, le doti interlocutorie non mi mancavano e, ormai cosciente di essere chiamata così, fiera del mio soprannome, se qualcuno in città, nei negozi o per strada mi faceva notare che ero "scalza", con aria regale e sorriso coperto dalla mano con gentilezza spiegavo loro, che mi dispiaceva deluderli ma che non vedevano bene, perché le mie erano scarpette "speciali", "magiche", di un materiale comodissimo e trasparente fatto solo per "Contesse" (hahhaha). Nel bar sotto casa o in giro nella zona, non era cosa che suscitasse molta attenzione, mio padre e noi cinque figli eravamo conosciuti fin da piccoli e anche io con il mio andare "scalza". Dalle vicine località balneari della costa adriatica erano un po' tutti abituati a vedere i turisti tedeschi o olandesi che negli anni '70 affollavano i camping e si riversavano a visitare le città. Non che queste fossero viste come buone maniere anche allora, ma nei caffè, bar, supermercati e per le strade erano tollerati, anche perché portavano i soldi e diciamo che in fin dei conti, non gliene fregava niente a nessuno di come camminassero, se avessero su le scarpe o no, bastava che pagassero. In casa avevamo il riscaldamento sotto il pavimento di marmo (gustosissimo per i piedi), quindi nel mio caso la questione dello scalzismo, venne tollerata abbastanza bene a parte chiaramente alcune liti e discussioni con mia madre quando c'era da andare a una cerimonia o una visita dal medico o fare una foto (a quei tempi non avevamo le fotocamere ma si andava dal fotografo e ci si doveva vestire a festa, scarpe di vernice comprese).
La coscienza e il significato dell'essere una "nata scalza" assunse poi diversi aspetti negli anni che vennero. Il soprannome "Contessa Scalza" aveva un doppio significato, cioè, non essendo di famiglia ricca o nobile ma medio benestante, quel "Scalza" aveva assunto anche il sapore dell'essere una "Contessa" senza "Patrimonio ....". Quindi per alcuni anni durante la scuola e l'apprendistato, lo scalzismo integrale si ridusse al tempo libero, quando ero a casa, in vacanza o a quando partecipavo a gite nella natura. Lasciai presto il nido e dopo un paio di anni trascorsi in giro "scalza" per le città italiane con un' amica, dove a volte per guadagnarci i soldi per andare a dormire in una pensione camminavo "scalza" sui dei vetri rotti di bottiglia, facendo la fachira su un tappetino, mi trasferii in Germania a Monaco di Baviera. Le ciabattine di pelle stile indiano con l'anello al pollice che avevo, le usavo solo quando percorrevamo lunghi tratti di asfalto bollente sotto il sole. In Germania ho vissuto e lavorato complessivamente 11 anni. Ero sposata con un attore tedesco conosciuto e frequentavo gente che ogni normale tedesco si sarebbe sognato, ma con loro non ho mai avuto problemi con lo "scalzismo" anche perché anche loro in casa, prevalentemente, lo praticavano e forse anche perché la parte superiore del corpo è sempre stata vestita elegante e non da stracciona e quindi magari suscita negli sconosciuti meno associazioni negative e viene più associata a una stravaganza caratteriale, eccentricità, specialmente se si ha a che fare con artisti. (poi diciamocelo sinceramente, se uno é vestito bene ma scalzo, che pensano tutti? Semplicemente che hai una vescica ai piedi.... o le scarpe si sono rotte....). Per andare e tornare dal lavoro usavo un paio di sandali Birkenstock fatti fare apposta per me in pelle indaco blu, ma anche quelli venivano lasciati sotto la scrivania a meno ché non avessi un colloquio con qualcuno importante. Nel tempo libero dipingevo o andavo a filosofare con amici nel parco inglese che confinava casa mia. Lì nel parco chiaramente andavo sempre scalza e portando spesso bevande o pane per il ristoro degli intelletti e degli stomachi amici, un giorno fui accolta con un solenne inchino e il saluto "Gruß Dich Gott, Contess Barfuß" (Ti saluti Dio, Contessa Scalza). Dopo una sonora risata collettiva, il titolo mi rimase. In quegli anni ogni vacanza lavorativa o ogni soldino che mi passava per le mani veniva puntualmente trasformato in un viaggio oltre oceano. Così i miei piedi scalzi (sandali in zainetto) hanno percorso dai Caraibi alle Indie fino all'Australia. (che ricordi ragazzi.....). Per un anno ho avuto l'opportunità di vivere in Cairns, nel nord Australia, lì l'essere "scalzi" era "di casa" e io fui subito accettata proprio per questo. In seguito mi mostrarono che i "turisti" o "stranieri" si riconoscono proprio dal fatto che usano le scarpe, i sandali e i calzetti. Osservando come si muovessero i gruppi di Aboriginals ho imparato nuove tecniche per camminare in zone molto calde senza scottarsi le suole dei piedi.
Ora da anni vivo nell'Olanda del nord dove passo le mie giornate in casa (CHIARAMENTE PERENNEMENTE SCALZA) dedicandomi alle mie passioni come scrivere poesie, dipingere e pubblicare un giornale di informazione alternativa online. Questo non significa che io non abbia imparato nella mia vita ad apprezzare ed amare le belle, comode e salutari scarpe, ma io preferisco stare "scalza" semplicemente perché mi è più "naturale" ed è diventato anche il mio modo di essere. A volte però sia chiaro, quando si sta sempre scalzi, se le scarpe calzano come delle "nuvole", può essere anche una variazione piacevole per i piedi indossarle in corte occasioni..... Difatti lo confesso, non è che io non abbia scarpe....... anzi..... ne ho di bellissime, costosissime e comodissime..... ma sono tutte nelle loro confezioni nell'armadio e solo ogni tanto quando mi gira, le uso per un occasione, poi ripulite le rimetto nella loro confezione.
Camminando a piedi nudi si aggiungono alle impressioni visive e auditive, anche quelle "sensitive" di "con-tatto" costante dei piedi con il suolo di terreni, acque, paesi, città, isole, erbe, sabbie, melma, sassi, conchiglie, sterpaglie, pavimentazioni, asfalti etc... che i piedi percorrono. Camminare a piedi scalzi è come accarezzare con il palmo delle mani, il senso provato aggiunge un "gusto " che ti rimane fondendosi alle immagini e ai suoni del ricordo.